In lungo e in largo l’Italia è disseminata di piatti di impronta tipicamente regionale o di zona; poi ci sono alcune cucine, alcune ricette storiche, che non sono servite a tavola, non chiedono piatti e tovaglia. Servono solo le mani, parte del gusto è anche sporcarsi la bocca a ogni boccone, vengono vendute direttamente in strada, in food truck o piccoli negozi: lo street food, letteralmente cibo di strada, il cui godimento non implica la necessità di un piatto, delle posate o della tavola. Ogni regione, o meglio ogni città, ha la sua ricetta tradizionale, il bello di un Paese che mantiene gelosamente le sue preparazioni: ogni posto uno street food diverso come specchio di una storia gastronomica non inferiore alla tavola.

Fügassa, focaccia genovese: focaccia bianca tipica di Genova, già presidio Slow food. Una sorta di pane lievitato, alto circa 2 centimetri, spennellato dopo la lievitazione e prima della cottura con un’emulsione di acqua e farina a cui si aggiungono grani di sale marino grosso. 

Focaccia di Recco: la leggenda fa risalire questa ricetta alla prima Crociata. Si tratta di una focaccia bassa, tirata sottile; tra i due dischi sovrapposti è interposta la formaggetta, formaggio fresco; la focaccia è quindi condita con olio ligure e sale poi cotta su un disco di ardesia.

Gofri della Val Chisone: croccanti cialde dalla superficie tipica a nido d’ape, ottenute da un impasto di acqua, latte, farina, uova e lievito cotto tra due piastre contrapposte e sagomate. Tipiche della Val Chisone, si possono gustare condite dolci o salate, anche come sostituto del pane; nella val Germanasca sono sostituite con i tourtél, analoghi ma privi di lievito.

Brezel: pane tipico delle popolazioni di lingua tedesca, in italia diffuso in Alto Adige. La classica forma intrecciata è sbollentata in una soluzione di acqua e bicarbonato di sodio, che gli conferisce il tipico aspetto lucido, poi condita con grani di sale grosso e cotta in forno. Croccante esternamente e morbido dentro, dal sapore lievemente maltato che si contrappone alla sapidità del sale.

Piadina romagnola: sfoglia ottenuta da un impasto di acqua, farina e strutto, leggermente salata, poi cotta su un piatto di terracotta, oggi in metallo; farcita a piacere, il condimento tradizionale è con rucola e squacquerone, in aggiunta anche prosciutto crudo o culatello.

Lampredotto: ricetta tradizionale fiorentina in cui l’abomaso, uno dei quattro stomaci dei bovini, è bollito a lungo in acqua insaporita con sedano, pomodoro e cipolla. Una volta cotto, è tagliato grossolanamente e si usa per farcire un panino, che è poi bagnato nel brodo di cottura e condito con salsa verde a base di olio e prezzemolo.

Borlengo: sottilissima crepe ottenuta da un impasto di acqua o latte, farina e sale condita con la tradizionale cunza, cioè un battuto di lardo profumato con aglio e rosmarino, completata da una piccola manciata di parmigiano reggiano; è una preparazione tipica delle colline tra Bologna e Modena.

Pani ca’ meusa: letteralmente pane con la milza, una specialità tradizionale di Palermo, città regina dello strie food. Una pagnottella morbida con semi di sesamo è farcita con milza e polmone vaccini, precedentemente cotti in brodo e in ultimo tagliati prima di essere spadellati nella sugna. Si condisce con caciocavallo grattato e una spruzzata di succo di limone.

Rosetta con la porchetta: il panino tipico dei Castelli romani. La rosetta, pane tradizionale della cucina laziale, è tagliato e farcito con fette di porchetta, ossia maialino disossato e condito con sale, pepe nero ed erbe aromatiche prima di essere arrostito in forno.

Supplì: ricetta tipica di Roma, questa polpetta di riso dalla forma allungata è fritta in abbondante olio caldo che gli conferisce croccantezza esterna grazie alla panatura. Il riso tradizionalmente cotto in un sugo di pomodoro e rigaglie di pollo, è spesso sostituito da un sugo di carne o solo di pomodoro; al centro del supplì è posto un dadino di mozzarella che con il calore si scioglie e diventa filante: da qui il nome di supplì al telefono.

Stigliole: piatto tipico della cucina siciliana, inarticolate del palermitano. Le budella dell’agnello, o del capretto, sono arrotolate intorno a una foglia di porro infilzata su uno spiedino in legno o bambù, poi arrostite sulla brace e condite in ultimo con sale fino e succo di limone.

Pizza fritta: nata dalla creatività dei napoletani per ovviare alla mancanza casalinga di un forno a legna in cui cuocere la pizza. L’impasto lievitato steso a mano in piccoli dischi è immerso in olio bollente. Al suo interno si può prevedere una farcia oppure si può condire in superficie con un sugo di pomodoro e basilico e una spolverizzata di formaggio grattugiato: in questo caso prende il nome di montanara.

Farinata: diffusa in tutta la riviera ligure, fino a sconfinare in Toscana dove assume il nome di cecina e verso Nizza con il nome di socca. Una pizza bassa, cotta in teglia in un forno preferibilmente a legna, ottenuta da un impasto a base di farina di ceci, acqua e sale con poco olio a condire.

Panissa: originaria della Ligura, la panissa prevede gli stessi ingredienti della farinata, meno l’olio. L’impasto cotto inizialmente sul fuoco, è poi steso e fatto intiepidire prima di essere tagliato in pezzi regolari. Si mangia condito con succo di limone o cipolla.

Pinzone ferrarese: specie di focaccia tipica della città di Ferrara, si ottiene da un impasto di farina, acqua e lievito insaporito con strutto e pancetta; il tutto è cotto in forno, nella classica forma a losanga. Esiste anche la versione arricchita con cipolle precedentemente stufate.

Erbazzone: specialità stagionale tipica della provincia di Reggio Emilia, è una torta salata formata da una crosta di pasta farcita con bietole lessate e condite con uova, scalogno e parmigiano reggiano.

Sgabei: tradizionali della Lunigiana, gli sgabei si ottengono da strisce di pasta di pane fritte in abbondante strutto bollente, fino a dorarsi e diventare croccanti. Si accompagnano ad affettati e formaggi, ma sono anche consumati così nei cartocci. La versione originale prevede l’aggiunta di farina di mais per rendere più consistente l’impasto.

Olive ascolane e crema fritta: diffusi e originari della città di Ascoli Piceno, le olive verdi in salamoia, denocciolate a mano e farcite con un impasto a base di carne suina e bovina, sono panate e fritte. La crema fritta è composta da cubetti regolari di crema pasticcera raffreddata e panata prima della frittura.

Gnumareddi: turcinello nel foggiano, turcinieddhri a Lecce e turcinieddi nella provinci di Brindisi. Sono involtini di interiora di agnello o capretto, fegato, rognone e polmone tenuti insieme come in un gomitolo dalle budella della bestia, conditi con sale e finocchietto selvatico prima di essere arrostiti sulla brace.

Crocchè: dalla Sicilia a Napoli, queste polpette di patate schiacciate grossolanamente o ridotte in purea, poi impastate con uova e formaggio prima della panatura, sono fritte in olio bollente. Nella variante palermitana anziché le uova si utilizza il latte per rendere l’impasto di patate più omogeneo e liscio e si aggiungono foglioline di menta per profumare.

Panzerotti: diffuso in tutta l’Italia meridionale, a seconda della zona assume nome e variazioni nella ricetta e nella farcia. Essenzialmente si tratta di una tasca a base di pasta per la pizza, farcita con scarola stufata nel basso Lazio e alta Campania, con cipolle capperi olive e pomodori in Puglia. A Napoli si chiama calzone, in Sicilia ne esiste una versione simile chiamata pitone.

Murzeddu calabrese: panino tipico del catanzarese in cui il tradizionale pane a ruota di carro è farcito con uno stufato a base di interiore di bovino: cuore, fegato, polmone, milza e a volte intestino. Tutto è cotto in una salsa di concentrato di pomodoro, peperoni piccanti e origano; esiste la versione murzeddu cento fogli cucinato solo con la trippa di vitello.

Pane e panelle: spuntino tipico della città di Palermo, venduto in banchetti al limitare delle strade, si compone di un pane bianco morbido, generalmente decorato con semi di sesamo, farcito con fette fritte di un impasto di farina di ceci e acqua, precedentemente cotto a fuoco poi steso ad asciugare. Si condisce con succo di limone e, a piacere, una grattata di caciocavallo stagionato.

Sfincione: tradizionale di Palermo, questa pasta lievitata addolcita con una minima quantità di miele in cottura assume la consistenza di una spugna, morbida e umida. La superficie è condita con pomodoro, origano, cipolla e acciuga; al momento di servire il carretto in strada lo scalda brevemente per fare in modo che il condimento impregni tutta la parte spugnosa.

Seadas: dolce tipico sardo, nella variante zonale chiamata anche sebadas, si compone di due dischi di pasta sovrapposti e farciti con formaggio fresco, fritti in abbondante olio di oliva. Ancora caldo è irrorato di miele.

Scacce: sottile pasta di pane, stesa in forma rettangolare è  successivamente condita e piegata su se stessa fino a ottenere una forma allungata o quadrata a più strati, poi cotta in forno e servita a fette. Il condimento-ripieno varia da zona nella stessa Sicilia: nel ragusano pomodoro e caciocavallo; ricotta e salsiccia nelle zone pedemontane; verdure miste, patate e salsicce a Solarino, ad Agrigento cudduruni. Se di forma rotonda e di spessore leggermente superiore si chiama votavota ed è generalmente farcita con verdure, broccoletti, spinaci o bietole.

Paposce: da Vieste a Peschici, un impasto di pasta di pane lievitato steso è brevemente cotto al mattone e poi condito con formaggio ed erbette di stagione o con pomodoro e formaggio fresco; è poi piegato su se stesso a forma lunga e stretta, quindi cotto nuovamente in forno.

Pettole: frittelle diffuse in tutto il meridione a base di un impasto di pasta lievitata fritta in abbondante olio caldo. Si consumano con accompagnamenti salati o irrorate di zucchero a velo nella verisone dolce. A seconda della zona assumono nomi diversi: pàtt’l a Matera, zeppole in Irpinia, pittule nel leccese, zipoli in Calabria.

Sardella calabrese: nota anche come caviale calabrese, è una lavorazione a base di bianchetti, peperoncino e sale, in alcune varianti può prevedere anche semi di finocchietto selvatico. I piccoli pesci lasciati a marinare in grossi vasi formano in breve tempo una salsa densa da spalmare sul pane; nota e ricercata è la rosamarina, a base di neonata di triglie; la zona di elezione si riconosce nel crotonese.

by Guseppe De Luca on January 24.2021

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