Siamo una società ben strana. Avveleniamo il mondo per aver tutto subito e, allo stesso tempo, vogliamo sulle nostre tavole solo cose totalmente naturali. Dall’olio di palma, ormai ovunque, e spauracchio del momento (tanto che alcune pubblicità di prodotti alimentari affermano di non usarlo) al vino che deve essere biologico e senza solfiti. Ma cosa vuol dire biologico e cosa sono i solfiti? Da alcuni anni ci sono dibattiti in merito all’uso e abuso di terminologie quali “biologico” o “biodinamico” oppure il più semplice “naturale” da abbinare ai vini prodotti, ma è necessario fare alcune chiarezze per non confondere le idee ai consumatori finali. Sugli scaffali delle enoteche troviamo vini industriali, artigianali, biologici, biodinamici o naturali, ma nelle etichette non troviamo chiarimenti in merito, tanto che si ipotizza che il legislatore dovrà intervenire al più presto per fare chiarezza ed evitare l’uso e l’abuso delle terminologie in maniera “disinvolta”. 

La differenza tra vino biologico e vino libero (come lo ha recentemente chiamato Oscar Farinetti, patron di Eataly) è tutta nella riduzione della parte chimica che avviene sia in vigneto che in cantina, arrivando – ovviamente – nella certificazione del vino. Si dice vino libero perché è autodisciplinato da quei produttori che non intendono sottostare alle regole dettate dalla Comunità Europea. Il tutto, se vogliamo essere precisi, però riguarda maggiormente i costi aggiuntivi che ne deriverebbero se venisse applicato il concetto di “libertà”. Il vino biologico, invece, si presenta al consumatore come marchio di qualità assoluta, derivato da un abbattimento delle sostanze chimiche e dei solfiti, oltre alla riduzione delle risorse idriche utilizzate in aggiunta all’adozione di tecniche di cultura bio con antiparassitari naturali, quindi adottando una filosofia produttiva in sintonia con il territorio. Con il termine vino naturale facciamo, invece, riferimento ad una categoria di vini che, in aggiunta alla filosofia del biologico, non presentano nessuna sostanza additiva al mosto, siano esse correttore di acidità, anidride solforosa o vari coadiuvanti. I solfiti, comunque, vengono aggiunti per prevenire ossidazione o derivazioni batteriche. Infine troviamo i vini biodinamici che si differenziano dal fatto che vengono prodotti sulla base delle fasi lunari e su pratiche di coltivazione ancora in fase di definizione in Europa. 

Il tutto seguendo le indicazioni del filosofo ed esoterista Rudolf Steiner, ideatore del concetto di agricoltura biologica. Nelle varie polemiche sull’utilizzo dei termini “naturale”, “biologico” o “libero” FederBio precisa che, a differenza di quelli puramente biologici, non tutti i vigneti “liberi” sono – a dir il vero – esenti dall’utilizzo di insetticidi e anticrittogamici e, in merito all’utilizzo di solfiti, la normativa vigente prevede, per i vini biologici, una soglia di utilizzo massima di 100 mg/l per i vini rossi e di 150 mg/l per i vini bianchi e rosé; più o meno 50 mg/l in meno rispetto ai tradizionali vini. Alla fine, come in tutte le cose, cerchiamo di fare la cosa migliore, ovvero consumare vino di qualità, nelle corrette modalità, senza lasciarsi abbindolare da etichette che possono nascondere prezzi ingiustificati.

by Giuseppe De Luca on January 24.2021

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